LEVA CIVICA – COOPERATIVA IL VOLO (Monticello Brianza – LC)
Dopo la fine delle scuole superiori, mi sono cimentata in una scelta universitaria che mi ispirava, mi attirava: infermieristica.
L'ho sempre pensato e, ora più che mai, so quanto io sento la necessità di voler lavorare a contatto con le persone, perché per me un lavoro deve essere un luogo dove poter andare in gioco con gli altri, soprattutto con chi, su questa terra, sente di fare più fatica.
L'ho visto nei volti stanchi dei malati in ospedale e ora lo sto sperimentando con i ragazzi della comunità psichiatrica “Il Volo”.
I loro occhi che mi scrutano in silenzio, fissi, chiedendomi aiuto, chiedendomi un po' di normalità, di vita, smuovono in me qualcosa di indescrivibile a parole.
Nei loro abbracci spontanei, nei loro sorrisi, mi sento a casa , dove è “tutto un equilibrio sopra la follia”. Stare a contatto con gli altri ci fa capire di più chi siamo noi stessi , stare con i più fragili ci rende fragili. E sentirsi fragili è la sensazione che più mette in difficoltà, perché esprime un po' l'essenza della persona che si è, di chi sono io, che va oltre al mio aspetto, che va oltre la mia diligenza o “perfezione” tanto cercata.
I miei tirocini in ospedale, c'era tanta adrenalina, le ore volavano e ho conosciuto un'infinità di persone, di storie, storie di mamme, papà, nonni, zii, nella mia mente ho ancora impressioni volti e sorrisi di chi mi ringraziava ogni volta che mi vedeva, che mi cercava quando aveva bisogno.
Ricordo bene chi ha creduto tanto nelle mie potenzialità e che mi ha preso da parte per cercare di farmi capire che valessi qualcosa.
Uno degli ultimi ricordi che ho, è il momento in cui mi hanno dato il voto dopo il secondo tirocinio. Alla fine di quel tirocinio avevo raggiunto la consapevolezza che ciò che mi rendeva più soddisfatta era la relazione con i pazienti. Ricordo benissimo una donna anziana che, uno degli ultimi giorni, mi chiamò per farmi vedere un album di foto di quando faceva la volontaria in un'associazione per disabili. Non mi chiamò per alzarle il letto, perché la flebo continuava a suonare, o perché aveva suonato il campanello per sbaglio.
Mi aveva chiamato perché voleva condividere la sua vita con qualcuno, perché quando non stai bene, quello che vuoi fare è parlare con qualcuno per stare meglio .
Ero contenta quando venivo cercata per parlare, semplicemente scambiare due chiacchiere, farsi due risate oppure piangere un po' perché sicuramente stare in un letto d'ospedale non aiuta. Ho sempre cercato di portare la normalità e la bellezza del mondo che, almeno io, fuori da quelle quattro mura, potevo ammirare. Perché a volte non ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo fino a che non siamo intrappolati in un luogo che mai speravamo di raggiungere.
Ed è stato vivere realtà come questa, posti che nessuno vorrebbe mai sperimentare, che mi ha fatto riflettere su quanto, chi ci lavora li rende migliori .
Ed è così che le persone iniziano a sentirsi normali anche in luoghi che nessuno vorrebbe diventare la loro normalità.
Prima in ospedale e poi in comunità , dove sono immersa ora. Un luogo assolutamente formidabile a pensarlo, eppure quando ci sono dentro, è come fossi in Paradiso.
Non è l'inferno, perché per i ragazzi l'inferno è fuori da lì, senza strumenti, senza consapevolezze.
È come se, per vedere il mondo con i giusti occhi, fosse richiesto loro di provare a distaccarsi da esso e guardarsi dentro. Quando sono lì, per me succede la stessa cosa. Mi vedo dentro .
È qui che la relazione con gli altri , quella che aveva lasciato alla signora con l'album, si è concretizzata di nuovo, tutta di fondo, in 20 ragazzi e ragazze della mia età.
Solo che loro, la loro vita, non me la spiegano con le foto, ma la mostrano sulla loro pelle, nei loro occhi, nei loro abbracci, nei loro piani, nei loro messaggi scritti a penna. È tramite loro che poi, con le mie parole, i miei gesti, mi metto a nudo, non ho più filtri, perché non serve più averli.
È dalla loro fragilità, umanità, che mi sento più umana anche io . Tutto questo ha fatto uscire un lato di me che, avendo fatto un anno di Infermieristica, sicuramente stava uscendo, lentamente, ma stava uscendo e prendendo una direzione sbagliata, stava andando sul binario sbagliato. Poi ad un certo punto sono scesa dal treno, anche perché non avevo altra scelta, e sono salita su quello accanto, è passato proprio per caso, e da lì, giorno dopo giorno, ho sentito di star raggiungendo la via giusta per poter esprimere davvero me stesso .
La comunità, la Leva Civica mi ha dato e mi sta dando questo . Non posso essere certa, nessuno di noi potrà mai essere certo di dove arrivare, ma abbiamo la fortuna di poter scegliere, capire ciò che fa per noi, che ci fa sentire bene e che ci fa crescere . Possiamo scegliere soprattutto come non sprecare tempo , se sappiamo che c'è qualcos'altro che ci aspetta. La consapevolezza che è la vita che cambia, che siamo noi che cambiamo nel tempo con essa, ci porta a fare le giuste scelte per noi stessi.
La felicità non si riconduce all'aggiungere, ma a togliere ciò di cui non necessitiamo più e ad accogliere il cambiamento.
Ho bisogno di questa semplicità, di fare ciò che mi piace, che mi fa stare bene .Riconoscere che la fatica deve essere spesa bene, calibrata per qualcosa che davvero mi smuove dentro, che aiuta a guardarmi dentro e sì, esperienza migliore di questa, forse, non poteva capitarmi .
Il tempo scorre così velocemente che non ci si rende nemmeno conto che alcune esperienze volano, ti attraversano, ti cambiano, ti stravolgono e arrivano al termine lasciandoti un segno indelebile. La Leva civica per me è stato questo, è stato un anno di crescita personale, di consapevolezze che ha trasformato le carte del mio futuro, lasciandomi stupita e immensamente contenta.
Un anno fa ero in crisi perché l'università che stavo frequentando non mi piaceva, mi sentivo persa in un mondo che mi offriva così tante opportunità da non riuscire a capire quale potesse fare al caso mio. Nella confusione però, un'occasione è arrivata senza alcun preavviso e mi ha comportato verso un percorso che non sapevo ancora mi avrebbe portato nella direzione giusta.
La vita a volte ci mette davanti a cose inaspettate, sta a noi decidere di sfruttarle e farne qualcosa di bello. Per me è stato così, da un giorno all'altro ho deciso che un anno di Leva civica in una comunità psichiatrica sarebbe stata la scelta giusta.
La Cooperativa “Il Volo” a Monticello Brianza (LC) si occupa della gestione di servizi socio-sanitari ed educativi finalizzati alla prevenzione, all'intervento e al reinserimento sociale di persone con problemi di tipo psichiatrico. In particolare, la Cooperativa risponde al crescente bisogno dei giovani che soffrono di gravi disturbi di personalità e delle loro famiglie avvalendosi di un'equipe multidisciplinare di professionisti qualificati. Durante il mio anno di Leva civica, ho affiancato gli operatori della struttura e sono stato un sostegno per i ragazzi, sia nei momenti di difficoltà, sia nei momenti di divertimento, di svago, durante laboratori o uscite comunitarie. Il range di età è tra i 18 ei 30 anni, per cui mi sono interfacciata con ragazzi e ragazze della mia età, ma anche più grandi.
Realtà del genere sono, purtroppo, sconosciute a molti di noi, per cui è stato significativo entrarne in contatto e realizzare la reale presenza di luoghi in cui si fa un lavoro incredibile rispetto alla salute mentale, soprattutto perché l'età delle persone sempre più colpite si sta abbassando di molto, è tra noi giovani che bisogna assolutamente intervenire. Questo mi ha dato una grande spinta nella mia esperienza, perché vedere dei miei pari in condizioni di difficoltà, mi ha fatto riflettere molto sulla fortuna che ho io e sul fatto che per loro potevano essere un aiuto concreto nella quotidianità.
È giusto poi riconoscere la fatica emotiva che ne è conseguita, il fatto di non sentirmi all’altezza, di avere paura di sbagliare, di non sentirmi accettata. Però questa è stata una parte necessaria, è ciò che più mi ha fatta crescere, mi ha insegnato che nella vita ci troveremo spesso ad affrontare situazioni nuove, in cui non sapremo come andranno le cose, in cui bisognerà esporsi e mostrarsi per quello che si è. L’importante è affrontare ciò che viviamo come un insegnamento, come motivo di sviluppo personale, perché qualsiasi cosa, qualsiasi esperienza non ti toglie nulla, aggiunge sempre qualcosa alla tua persona e ti porta a capire sempre di più chi sei tu, che cosa ti piace fare oppure che cosa non vuoi, cosa non ti piace. In entrambi i casi si tratta di guadagno, sicuramente non di perdita. Infatti, dopo un anno, posso assolutamente dire che da quest’esperienza io ho guadagnato e ricevuto tanto a livello umano.
Un altro grande obiettivo che ho raggiunto è aver capito quale facoltà cominciare dopo la Leva civica, ovvero Educazione professionale. Dopo aver fatto un anno di Infermieristica, avevo capito che c’era qualcos’altro che mi aspettava, infatti così è stato. Mi ci sono voluti mesi per capire che era giusto cambiare strada, che va bene a vent’anni non sapere cosa fare della propria vita, che niente dev’essere necessariamente definito come un fallimento. Anzi, l’aver sbagliato facoltà mi ha portata poi sulla strada giusta. La Leva civica mi ha proprio aiutata ad abbandonare qualcosa che non faceva per me e a riconoscere invece di avere altre ambizioni nella mia vita che, se non le avevo riconosciute fino a quel momento, non importava, ogni cosa ha il suo tempo, ognuno di noi ha i suoi tempi, che non corrispondono ai tempi che la società impone.
Dopo un anno, riconosco di avere avuto coraggio, tante volte me lo sono sentita dire ma stentavo a crederci. Ora sì, devo ammettere che non è stato facile fare questa scelta, buttarmi in un’esperienza totalmente nuova e lasciar perdere giudizi e pareri altrui. Vedere che le persone della mia età erano a un punto diverso dal mio, che sembrava avessero capito cosa fare nella propria vita, non mi lasciava serena. Cambiare tutto per me è stato come ripartire, riazzerare e, senza cancellare le scelte che già avevo fatto fino a quel momento, mi sono data la possibilità di ascoltarmi, di seguire il mio istinto.
La Leva civica è stata proprio una messa alla prova per la mia persona a 360 gradi, non solo per il mio futuro universitario/lavorativo, ma anche e soprattutto per il mio carattere. La comunità ha tirato fuori tutte le mie fragilità e tutti i miei punti di forza, mi ha portata a interrogarmi sulla persona che sono. I ragazzi e gli operatori mi hanno aiutato a credere in me stessa, a non sottovalutarmi, a riconoscere i miei limiti ea sapermi affidare all'altro nei momenti più faticosi. La comunità mi ha insegnato che non si è soli, che l'unione fa la forza e che, anche quando le speranze sembrano non esserci, esistono vie d'uscita, esistono soluzioni.
Se dovessi parlare ora con la Camilla di un anno fa, la rassicurerei, le darei un abbraccio di conforto e le direi che la vita le avrebbe regalato qualcosa di grande. Questo è ciò che farei con qualsiasi giovane che ora si trova in difficoltà, che, come lo è stato per me, sta attraversando un periodo di confusione. E sicuramente, consiglieri caldamente di provare a buttarsi in un'esperienza nuova, che sia di Leva civica o qualcosa di affine, perché può essere solo opportunità di crescita. Credo che noi giovani abbiamo bisogno di questo in un mondo come quello odierno, abbiamo bisogno di conoscerci e di non disperarci se non riusciamo a trovare subito le risposte alla nostra confusione. Abbiamo bisogno di comprensione e non di fretta, ma di ascolto, di cura verso noi stessi, indipendentemente dalla velocità a cui va il mondo. Perché lavorare, trovare il giusto corso di studi, fare qualcosa che possa piacere, è difficile e non va preso sottogamba.
Dopo un anno così intenso di emozioni, ho lasciato un piccolo pensiero ai ragazzi e alle ragazze della comunità, qualcosa che mi appartenesse e che poteva essere per loro un mezzo utile e d'aiuto. Essendo io molto appassionato di musica e avendo condiviso con loro questo mio interesse, ho creato una playlist di canzoni che abbiamo ascoltato durante questo anno e ho lasciato che loro partecipanti avessero la e ascoltarla quando volevano, creando per tutti un adesivo con il rispettivo QrCode della playlist stessa.
“Liberi di volare” l'ho intitolato.
Liberi di volare, di sbagliare, di sognare.
È questa la cosa più importante che ho capito, che siamo liberi, tutti quanti, e sta a noi scegliere cosa fare della nostra libertà.
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![Fiducia]()
![Abbraccio]()
Camilla Ciotti, Operatrice Volontaria di Leva Civica Lombarda Volontaria, presso la Cooperativa Il Volo di Monticello Brianza (LC) per il progetto "Ti accompagno: un progetto di Leva Civica a supporto dei più fragili"