Leva civica dopo il Servizio civile: "Arricchito come persona"

"Volevo fare qualcosa di utile per me e per gli altri". Mentre si appresta a concludere l'esperienza di Leva civica, iniziata dopo aver svolto il Servizio civile, Anton parla dei motivi che l'hanno spinto a intraprendere un percorso che lo ha "arricchito". Per questo, ha voluto invitare gli altri giovani a farlo: "Quando ho concluso il Servizio civile ho raccontato la mia esperienza a un amico, consigliandogli di farlo anche lui. E così è stato". 

Sia per il Servizio civile che per la Leva civica, Anton è stato impegnato in biblioteca. Ha deciso di candidarsi la prima volta dopo essere rientrato a casa dalla Svezia, dove stava studiando lingue. "Ho visto la lettera che informava dell'opportunità di svolgere il Servizio civile", ha ricordato parlando della comunicazione inviata dal Comune. Così ha scoperto i progetti di Associazione Mosaico. E ha scelto di provare a partecipare: "Perché arricchisce, sia a livello personale che di curriculum - ha rilevato - Guardando verso il futuro, so che può essere utile anche per possibili sbocchi lavorativi". Come, ad esempio, lavorare in Comune: "È tra i miei obiettivi, ho davvero tanti obiettivi", si racconta.

Attualmente, sta lavorando come guida turistica, mentre conclude la Leva civica in biblioteca. Il primo anno di servizio, come operatore volontario di Servizio civile, è stato sicuramente il più delicato: "Era il periodo post pandemia, quindi c'erano diverse regole anche in biblioteca", e non tutti gli utenti erano felici di questo. Però l'esperienza è andata bene, al punto che Anton ha deciso di replicarla con la Leva civica. Durante questi due anni di impegno "sono migliorato su tanti fronti, ad esempio sono diventato più preciso. Uno degli aspetti in cui mi sono superato grazie a questa esperienza? Sono diventato più gentile e premuroso verso gli altri". Caratteristiche che, sicuramente, Anton già aveva. Infatti, durante il Servizio civile "leggevo le storie ai bimbi, e facevamo i laboratori creativi nel pomeriggio. Anche prima del Servizio civile avevo avuto modo di lavorare con i bambini". Adesso il suo impegno come operatore volontario sta terminando, ma Anton si porta a casa un souvenir prezioso: "Mi ha arricchito come persona".

Anton Balduzzi, operatore volontario di Servizio civile e Leva civica in biblioteca nell'Unione Comuni della Presolana

“Sono esperienze che possono farvi scoprire il vostro valore e di cosa siete capaci”

Adriana ha 19 anni. Studia, e le piace farlo, ingegneria delle tecnologie per la salute. A un certo punto, ha fatto una scelta ben precisa: mettersi in gioco "e fare un primo passo verso il mondo del lavoro", che le ha sempre destato "grandi preoccupazioni". Ha deciso di farlo con un percorso di Leva civica.

Un'esperienza che le ha permesso di imparare, sviluppare le sue potenzialità, superare sé stessa. E le ha fatto, infine, rivolgere questo invito agli altri giovani: “Un’ultima cosa vorrei aggiungere e dire a coloro che sono insicuri come lo ero io – scrive - Mandate quella mail, chiamate quel numero di telefono anche con i battiti cardiaci a mille, perché veramente queste sono esperienze che possono sbloccarvi e farvi scoprire il vostro valore e di cosa siete capaci”.

E non è certo stato sempre tutto facile. Adriana ricorda che il suo pensiero predominante, pensando a quanto c’era fuori dalle scuole superiori, era sempre stato: “Riuscirò a reggere il peso del mondo esterno?”. Ma questi freni si sono sciolti "nel momento in cui si è instaurato in me un profondo sentimento di indipendenza come persona a 360 gradi".

Adriana ha sentito il bisogno di fare un'esperienza che la appagasse "come lo studi e gli esami non sapevano fare". La sua è una famiglia di grandi lavoratori, e lei ha sempre temuto “di non essere abbastanza dedita al lavoro” che doveva svolgere. Temeva anche che alcune mansioni potessero risultarle pesanti, e non voleva doversi svegliare ogni mattina “controvoglia, perché non avrebbe giovato né a me né alle persone che mi sarebbero state intorno”.

Ma, fin da subito, si è resa conto che “queste ansie erano inutili, che la scelta che avevo fatto era la più giusta che potessi fare”. Lei è stata assegnata a un progetto di assistenza alla scuola primaria del suo paese, Brusaporto. Qui, durante l’anno scolastico, aiuta e supporta le insegnanti, mentre in estate affianca gli educatori nell’organizzazione e lo svolgimento del Cre estivo.

Ritiene che questa scelta è stata giusta e la rifarebbe “mille volte”. Perché “amo stare con i bambini e occuparmi di loro, è proprio ciò che più mi dà soddisfazione alla fine della giornata”. Tanti le hanno detto che questo tipo di occupazione sia perfetto per lei, “e ora come ora ne sono più che convinta anche io. Cerco sempre di metterci passione, tanti sorrisi, empatia e pazienza. Non sempre ci riesco, lo ammetto, ma in ogni caso torno sempre a casa con il pensiero che domani è un altro giorno e sicuramente andrà meglio”.

Non vuol dire che stia valutando un cambio di direzione del suo percorso universitario. Ma “ho voluto fare richiesta perché sentivo che andava perfettamente di pari passo con il mio essere, che non è costituito solo dal mio interesse verso le materie scientifiche, ma ha anche una grande componente umanistica e sociale. Voglia di stare con altre persone, e soprattutto con i più piccoli, aiutarli qualora avessero bisogno di aiuto ed essere pronta ad asciugare le loro lacrime anche per i motivi più banali. Sentivo di poter dare un grande contributo e così è stato”.

Da questa esperienza sta imparando “il senso del lavoro e del dovere, del rispetto delle scadenze e delle figure professionali con cui mi rapporto. Mi insegna a fare dei sacrifici talvolta affinché tutto funzioni al meglio. Ho anche sviluppato in certi momenti una sorta di indipendenza che definirei “l’arte dell’arrangiarsi”. Ho imparato a capire che nel mondo del lavoro non sempre saremo costantemente supportati, ognuno ha i propri compiti e anzi supportarsi e collaborare significa anche portare a termine delle mansioni in modo autonomo”.

Momenti di difficoltà? “Ci sono stati, ma li avevo già previsti”. Adriana è molto giovane e “tante dinamiche sono ancora a me sconosciute. Forse qualche volta mi sono sentita anche fin troppo responsabilizzata stando al ruolo che avrei dovuto tenere all’interno del progetto, ma ho comunque preso il tutto come crescita personale”.

Le ultime settimane del Cre a luglio “sono state sicuramente impegnative” per tutto il team. Ma il progetto è stato concluso “bellezza”. Il gruppo, rimarca, era “affiatato. Mi sono trovata molto bene, tant’è che ho iniziato a pensare a tutti i modi per ripetere questa esperienza anche i prossimi anni”.

Adriana Tasca, operatrice volontaria di Leva civica alla scuola primaria di Brusaporto 

L'esperienza di Martina: "Grazie alla Leva civica ho ottenuto il lavoro che cercavo"

“Ho partecipato al bando di Associazione Mosaico e, grazie all’esperienza di Leva civica, ho ottenuto il lavoro che cercavo”. Lei è Martina Costanzo, erbese di 26 anni, che sta concludendo la sua esperienza di operatore volontario nell’ufficio anagrafe demografico del Comune di Montorfano. Un impegno particolarmente delicato, in quanto la giovane trattava dati personali, che inseriva nel sistema controllando anche se fossero tutti corretti, come "quando qualcuno doveva fare la carta di identità”. Quindi, la sua attività comportava anche il rapporto con il pubblico. E ancora, ha operato nella “digitalizzazione degli antichi archivi”, che doveva poi registrare nel computer. Un lavoro lungo, ma “sono una persona molto precisa, quindi non mi è pesato”.
Con questa nuova esperienza nel curriculum, adesso Martina Costanzo è davanti a una nuova linea di partenza per il suo futuro. Infatti un’azienda, tramite agenzia, le ha offerto un contratto d’ufficio: si dovrà occupare di data entry. “La Leva civica è stata il mio trampolino di lancio, che mi ha permesso anche di sganciarmi dalla figura di operaia, che è un lavoro che so fare ma non è quello che desideravo”. Proprio mentre guardava su internet le offerte di lavoro, ha scoperto Associazione Mosaico e la possibilità di partecipare ai bandi. Tra questi, ha trovato il progetto che desiderava. La prima volta non è andato in porto, ma non si è arresa e il secondo bando l’ha portata in Comune, dove ha potuto mettere a disposizione della collettività le competenze che già aveva e, al contempo, acquisirne di nuove. E grazie a questo, ha dato una svolta alla sua carriera lavorativa.

Camilla, da infermieristica alla Leva Civica presso la Cooperativa Il Volo di Monticello Brianza (LC)

LEVA CIVICA – COOPERATIVA IL VOLO (Monticello Brianza – LC)

Dopo la fine delle scuole superiori, mi sono cimentata in una scelta universitaria che mi ispirava, mi attirava: infermieristica.
L’ho sempre pensato e, ora più che mai, so quanto io senta la necessità di voler lavorare a contatto con le persone, perché per me un lavoro deve essere un luogo dove poter mettersi in gioco con gli altri, soprattutto con chi, su questa terra, sente di fare più fatica.
L’ho visto nei volti stanchi dei malati in ospedale e ora lo sto sperimentando con i ragazzi della comunità psichiatrica “Il Volo”.
I loro occhi che mi scrutano in silenzio, fissi, chiedendomi aiuto, chiedendomi un po’ di normalità, di vita, smuovono in me qualcosa di indescrivibile a parole.
Nei loro abbracci spontanei, nei loro sorrisi, mi sento a casa, dove è “tutto un equilibrio sopra la follia”. Stare a contatto con gli altri ci fa capire di più chi siamo noi stessi, stare con i più fragili ci rende fragili. E sentirsi fragili è la sensazione che più mette in difficoltà, perché esprime un po’ l’essenza della persona che si è, di chi sono io, che va oltre al mio aspetto, che va oltre la mia diligenza o “perfezione” tanto cercata.

Ricordo i miei tirocini in ospedale, c’era tanta adrenalina, le ore volavano e ho conosciuto un’infinità di persone, di storie, storie di mamme, papà, nonni, zii, nella mia mente ho ancora impressi volti e sorrisi di chi mi ringraziava ogni volta che mi vedeva, che mi cercava quando aveva bisogno.
Ricordo bene chi ha creduto tanto nelle mie potenzialità e che mi ha preso da parte per cercare di farmi capire che valessi qualcosa.
Uno degli ultimi ricordi che ho, è il momento in cui mi hanno dato il voto dopo il secondo tirocinio. Alla fine di quel tirocinio avevo raggiunto la consapevolezza che ciò che mi rendeva più soddisfatta era la relazione con i pazienti. Ricordo benissimo una donna anziana che, uno degli ultimi giorni, mi chiamò per farmi vedere un album di foto di quando faceva la volontaria in un’associazione per disabili. Non mi chiamò per alzarle il letto, perché la flebo continuava a suonare, o perché aveva suonato il campanello per sbaglio.
Mi aveva chiamato perché voleva condividere la sua vita con qualcuno, perché quando non stai bene, quello che vuoi fare è parlare con qualcuno per stare meglio.
Ero contenta quando venivo cercata per parlare, semplicemente scambiare due chiacchiere, farsi due risate oppure piangere un po’ perché sicuramente stare in un letto d’ospedale non aiuta. Ho sempre cercato di portare la normalità e la bellezza del mondo che, almeno io, fuori da quelle quattro mura, potevo ammirare. Perché a volte non ci rendiamo conto della fortuna che abbiamo fino a che non siamo intrappolati in un luogo che mai speravamo di raggiungere.
Ed è stato vivere realtà come questa, posti che nessuno vorrebbe mai sperimentare, che mi ha fatto riflettere su quanto, chi ci lavora li rende migliori.
Ed è così che le persone iniziano a sentirsi normali anche in luoghi che nessuno vorrebbe diventassero la loro normalità.

Prima in ospedale e poi in comunità, dove sono immersa ora. Un luogo assolutamente terrificante a pensarlo, eppure quando ci sono dentro, è come fossi in Paradiso.
Non è l’inferno, perché per i ragazzi l’inferno è fuori da lì, senza strumenti, senza consapevolezze.
È come se, per vedere il mondo con i giusti occhi, fosse richiesto loro di provare a distaccarsi da esso e guardarsi dentro. Quando sono lì, per me succede la stessa cosa. Mi vedo dentro.
È qui che la relazione con gli altri, quella che avevo lasciato alla signora con l’album, si è concretizzata di nuovo, tutta di botto, in 20 ragazzi e ragazze della mia età.
Solo che loro, la loro vita, non me la spiegano con le foto, ma la mostrano sulla loro pelle, nei loro occhi, nei loro abbracci, nei loro pianti, nei loro messaggi scritti a penna. È tramite loro che poi, con le mie parole, i miei gesti, mi metto a nudo, non ho più filtri, perché non serve più averli.
È dalla loro fragilità, umanità, che mi sento più umana anche io. Tutto questo ha fatto uscire un lato di me che, avendo fatto un anno di Infermieristica, sicuramente stava uscendo, lentamente, ma stava uscendo e prendendo una direzione sbagliata, stava andando sul binario sbagliato. Poi ad un certo punto sono scesa dal treno, anche perché non avevo altra scelta, e sono salita su quello accanto, è passato proprio per caso, e da lì, giorno dopo giorno, ho sentito di star raggiungendo la via giusta per poter esprimere davvero me stessa.
La comunità, la Leva Civica mi ha dato e mi sta dando questo. Non posso essere certa, nessuno di noi potrà mai essere certo di dove arriverà, ma abbiamo la fortuna di poter scegliere, capire ciò che fa per noi, che ci fa sentire bene e che ci fa crescerePossiamo scegliere soprattutto come non sprecare tempo, se sappiamo che c’è qualcos’altro che ci aspetta. La consapevolezza che è la vita che cambia, che siamo noi che cambiamo nel tempo con essa, ci porta a fare le giuste scelte per noi stessi.

La felicità non si riconduce all’aggiungere, ma a togliere ciò di cui non necessitiamo più e ad accogliere il cambiamento.

Ho bisogno di questa semplicità, di fare ciò che mi piace, che mi fa stare bene. Riconoscere che la fatica deve essere spesa bene, calibrata per qualcosa che davvero mi smuove dentro, che aiuta a guardarmi dentro e sì, esperienza migliore di questa, forse, non poteva capitarmi.

Vicolo

FiduciaHug

Camilla Ciotti, Operatrice Volontaria di Leva Civica Lombarda Volontaria, presso la Cooperativa Il Volo di Monticello Brianza (LC) per il progetto "Ti accompagno: un progetto di Leva Civica a supporto dei più fragili"

 

A sostegno dei minori della comunità - alloggio "Favola" di Brignano Gera d'Adda (BG)

Ciao!

Ho deciso di presentare la domanda per svolgere la Leva Civica alla Cooperativa Fili Intrecciati FA. Nello specifico lavoro presso la comunità - alloggio "Favola", una struttura che prevede l’accoglienza di minori a cui genitori è stato tolto l’affidamento dal Tribunale.

La mia mansione riguarda l’affiancamento della figura educativa nella gestione delle attività quotidiane, esempio cucinare, andare a prendere i ragazzi a scuola, mantenere in ordine la comunità; ma anche quella di essere un sostegno per i minori che purtroppo sentono una mancanza della figura genitoriale.

Fin da subito mi sono sentita accolta e integrata. Questo processo è agevolato dal fatto che sono una persona empatica e socievole, mi piace creare relazioni e ascoltare l’altro.

La scelta di svolgere la Leva Civica in una comunità – alloggio è dovuta al fatto che vorrei applicare i miei studi teorici (sono iscritta alla facoltà di Scienze dell’Educazione all’Università di Bergamo) su un campo pratica e comprendere se questo tipo di lavoro sarà quello che voglio svolgere in futuro.

Siccome ho iniziato da pochi mesi questa mia nuova esperienza, faccio fatica a comprendere se questo sarà il mio lavoro futuro, se devo continuare con gli studi una volta laureata o se devo intraprendere un altro tipo di percorso lavorativo. In poche parole devo ancora capire quale strada intraprendere.

To be continued...

 

Mara Besana, Operatrice Volontraia di Leva Civica Lombarda Volontaria, in servizio presso la comunità alloggio "Favola" della Cooperativa Fili Intrecciati di Brignano Gera d'Adda (BG)

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